Quando ti penso vorrei tornare dalla mia bella al casolare
Sono parte integrante del nostro panorama rustico e romantico. Oltrepassate le ultime periferie eccoli spuntare come porcini: sono i vecchi casali di campagna. Schiaffeggiati dagli eventi naturali, maltrattati dalla storia, sedotti e abbandonati dagli uomini. Ma il loro fascino è innegabile, forti dell'energia che trasuda da ogni singolo precario mattone, dove spesso l'edera si sostituisce agli infissi, e la luna si infila fra le travi spezzate. Rimasti sempre lì,ormai ruderi, hanno visto passare generazioni di facce rovinate dal sole, schiene rotte sotto il peso dell’ aratro e mani nodose come i ceppi che ardevano dentro ai camini. Ma inevitabilmente chi ha gambe per muoversi prima o poi è portato ad usarle per andarsene, per abbandonare, per inseguire il moderno che avanza. Chi invece ha pietre conficcate nella terra rimane e aspetta, aspetta che la stufa torni a scaldare, che dalla corte salga di nuovo il razzolare delle galline, che tuoni secca qualche buona bestemmia dal campo. Ma ormai è perso il conto dei tramonti passati in solitudine, e i casali sono rimasti vuoti, avviliti da minacciosi cartelli presagi di sventura. Non rimane altro da fare che fermarci e liberare la mente, allora forse ci sembrerà ancora di sentire l’acre odore degli sterpi che bruciano, con le mani scacceremo i moscerini ebbri del mosto che fermenta nei tini e una buona bestemmia ci inviterà a non stare lì impalati ma ad entrare per sederci a tavola.
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